Dico la verità: se non mi invitasse a presentare i suoi libri, ci resterei male. Partecipare alla presentazione del nuovo libro di Paolo Piani per me è oramai un rito. E come ogni rito che si rispetti, si ripete sempre uguale:
1) leggere il libro in pochi giorni sapendo di essere tra i primissimi a farlo
2) temere di non riuscire a finirlo per il giorno della presentazione
3) scambiare telefonate con Paolo per commentare in anteprima le scene più divertenti 4) domandarsi sempre più preoccupato dove prenda l’ispirazione per quei cattivi così surreali.
E poi la presentazione. Un happening a cui partecipa sempre un sacco di gente, in prima fila i suoi amici, compagni di scuola i più. Tutti fonte di ispirazione per i protagonisti delle storie: su tutti Saimon scritto così, improbabile investigatore privato, vecchio ultras viola con la incredibile capacità di mettersi sempre nei guai, anche se nella vita reale Simone è persona sorridente e pacifica.
Le presentazioni dei libri sono spesso noiose e autoreferenziali. Non credo lo siano, ma potrei essere di parte, quelle di Paolo Piani. Fondamentalmente per un motivo: i suoi libri parlano di noi e la platea da spettatrice diventa sempre protagonista. Non si parla con colta competenza della Fiorentina o della Firenze da cartolina: si parla con semplicità di noi tifosi viola e della nostra bella periferia se non proprio della campagna. Si racconta non di poliziotto americano e del killer spietato, ma uno di noi prestato per caso alle indagini e cattivi che in fondo altro non sono che l’esaltazione dei nostri lati peggiori. Gente che possiamo incontrare andando a lavoro a Rifredi o a Settignano.
Insomma grazie a Paolo ci troviamo un’altra volta li, tutti insieme a parlare di un libro prima ancora di averlo letto e pronti a leggerlo per non essere esclusi dai commenti con gli amici. Sia il giorno della presentazione o qui sui social.